• Sassari, la torres, svegliarsi all’isola rossa, fare colazione al bar, il tramonto di marinedda, la festa della birra trinitaiese, il "Che", il genoa, la partitella di basket, l’alcool, gli amici, le tette enormi, la libertà, la birra, la fotografia, la musica, dipingere, correre, la gnocca, viaggiare, le sbornie, la pornografia, diego armando maradona, i led zeppelin, lo stomaco attorcigliato ed il cuore che batte per qualcuna (stronza), fottersene, george best, vivere una crisi, i cccp, mandare tutti a fare in culo, giocare a subbuteo, leggere, odiare, i p*mpini, il cibo, dublino, il mare, le amiche del mare, la d***a, il calcio, le donne, fabrizio de andrè, fare un giro con la vespa, l’amore, il venerdì sera, il cecio del giorno dopo, i libri, i pink floyd, gli assilli, le occhiaie sul viso, il comunismo, essere di sinistra, le scimmie, gli afterhours, alcuni films, la lista delle persone che mi stanno sul cazzo, la pasta al forno di nonna, janis joplin, le scritte sui muri, il culo di una ragazza che ho visto l’altro giorno per strada, i campari soda, la musica sassarese, ascoltare un vinile, mincionare, la figa, una bella bastonata, gli spaghetti n°5 aglio olio e peperoncino, le cazzate dette al bancone dei bar, il panino gorgonzola e mortadella di metà mattina, la colazione dei campioni, raccontare storie, i panini di renato, la sculacciata a pecorina, il poker in cantina di a******* con cassa di birra, la sigaretta cagando, festeggiare almeno un mondiale (io ne ho festeggiato 2), impennare, andare in libreria, i tatuaggi, pisciare in mezzo alla natura, i vecchi oggetti, stare da solo, i polizieschi italiani anni '70, cucinare per gli amici, farsi un giro in bicicletta, la liquirizia, il signor g. mina, giocare a carte, andy capp, i calamari fritti del "cormorano", la mattonella di melanzane della L, Capitan Harlock, Enrico Berlinguer, qualche serie tv, essere un Impiccababbu, l'nduja. il Duca Bianco, Charles Baudelaire, il mio orto, Snoopy, bestemmiare, i Joy Division, il gin tonic, Heminguay ………. To be continued

martedì 26 giugno 2018

Lattuga Hardcore

Ci siamo. Quarta stagione. Pomodori, peperoncini, origano, salvia a foglia larga e lattuga, più le solita piantine di basilico e rosmarino. Anche quest’anno il sesto piano di Largo Budapest produce autonomamente ortaggi e spezie. Come ogni anno arriva il solito post, pieno di ego su quanto è zen giocare con la terra, quanto è figo mangiare i propri prodotti, quanto è radical il km 0, ecc… ecc… Come ogni anno mi accingevo a scrivere un post del genere. Dopo avervi parlato di zucchine, peperoncini e pomodori, quest’anno sarebbe toccato alla lattuga. Ma che cazzo c’è da scrivere sulla lattuga? Vi avrei parlato dei suoi valori nutrizionali, acqua e fibre, vitamine A,B,C,D, del basso apporto calorico o del fatto che sono stati gli egizi a selezionare la pianta commestibile partendo da quella selvatica. Bla bla bla bla!!! Che noia!!! Neanche io avrei letto un post simile, figuriamoci scriverlo. Attenzione!!! Attenzione!!! Attenzione!!! La lattuga, quella cazzo di pianta dall’aspetto innocuo, ha una doppia vita molto più torbida e sregolata. La lattuga inciccia. La lattuga è una droga. Andiamo per gradi, ora vi spiego. Sicuramente avrete notato che spezzando le foglie ne fuoriesce una sostanza liquida bianca simile al latte, da qui il nome Lactuca o non so cosa in latino. Vabbè poco ci importa, ci interessa sapere che questo lattice ha un’elevata tossicità. Se essiccato si trasforma in una polverina bianca con proprietà analgesiche, sedative e ipnotiche. Invece usato fresco e in grosse quantità provoca alterazioni visive, una visione disturbata con difficoltà di messa a fuoco e percezione distorta delle forme degli oggetti. In passato il lattucario veniva spesso usato come sostituto dell’oppio e associato all’eterno sonno come il papavero. Cazz!!! Non avrei mai dovuto scoprire questa cosa. Mettetevi nei miei panni. Ho una marea di piante che crescono rigogliose in terrazzo, un estrattore, forte curiosità e lo spirito pionieristico del piccolo chimico. Voi che fareste al mio posto?

venerdì 22 giugno 2018

L'intruso

Fantascienza [fan-ta-scien-za] s.f.
·       Genere della narrativa e della cinematografia, apparentemente o parzialmente fondata su elementi scientifici, che si basa sull’anticipazione di vicende ambientate in ipotetici mondi futuri.
Divano [di-va-no] s.m.
·       Ampio sedile imbottito, con schienale, destinato a più persone (sedute) o una sdraiata (io), collocato di solito lungo la parete del mio soggiorno davanti al televisore.

“Raccogliere l’esemplare. Precedenza assoluta. Assicurare ritorno organismo per analisi. Qualsiasi altra considerazione è secondaria Equipaggio sacrificabile”
Computer Madre

Se siete dentro la navicella Nostromo e un letale Xenomorfo si insinua dentro il vostro corpo o cerca di darvi la caccia per depositarci la sua prole, siete praticamente fottuti. Nello spazio, nessuno può sentirvi urlare. Iniziava cosi, nel 1979, “Alien” il miglior film horror di fantascienza di sempre; dando il via a una delle saghe fantascientifiche più belle e applaudite della cinematografia mondiale. Otto film suddivisi nella “Quadrilogia di Ripley”, i due spin-off crossover “Alien vs Predator” e i due prequel (Prometheus e Alien: Covenant), firmati da Ridley Scott (autore del primo “Alien” della saga). Ora, escludendo le due cagate di Alien che si azzuffa contro Predator e i due antefatti; vi parlerò solo ed esclusivamente della quadrilogia. Le prime geniali quattro pellicole. I quattro film che considero “Religione”. Quattro reliquie cinematografici degne di culto e ammirazione. Occhio che, nel caso qualcuno ancora non li abbia visti, vi spoilero la storia. Ahahahahah!!! Scherzo!!! Ecco a voi la “Quadrilogia”: 
Alien (1979) di Ridley Scott
Orrore e fantascienza in un'unica soluzione. Il primo film della saga, con protagonista il tenente Ellen Ripley, interpretato dalla superlativa Sigourney Weaver (bona cazz), è semplicemente geniale e fantastico. Sull’astronave Nostromo la tensione monta lentamente, fino alla conoscenza del parassita alieno più celebre del cinema. Lo xenomorfo si muove impalpabilmente tra suspense, silenzi e terrore. Una claustrofobica poesia, tenebrosa, decadente e inquietante. Un capolavoro assoluto del genere, anzi il capolavoro. Siete avvisati, una volta saliti a bordo, non potrete più scendere. Unico.
Aliens – Scontro Finale (1986) di James Cameron
Di solito i sequel, dopo un primo film dall’indiscusso successo di pubblico e critica, fanno cagare o quasi. Questa volta non succede. Cameron raccoglie l’eredità di Scott creando un sequel poderoso ed esplosivo degno del capostipite; facendo esattamente il contrario del suo predecessore. Sostituendo silenzi e tensione con marines spaziali, fucili grandi come persone e una miriade di xenomorfi al posto di uno solo. L’elemento di continuità resta sempre il tenente Ripley, sopravvissuta, deve tornare sul pianeta della precedente tragedia per affrontare le sue paure e la proliferazione dei mostri. Figata.
Alien3 (1992) di David Fincher
Ellen Ripley (sempre e comunque la Weaver, ma rasata e gnocca come non mai) questa volta approda su Fiorina “Fury” 161, un pianeta penitenziario lontano dalla terra. Portandosi dietro il solito visitatore inaspettato. E’ il capitolo meno tecnologico e più cupo della saga e nonostante sia additato di non essere all’altezza dei precedenti, io lo adoro. Una pellicola diversa rispetto alle altre, ma con lo stesso innegabile fascino e la stessa capacità di tenerti attaccato allo schermo. Macabro, elegante e punk allo stesso tempo, che trasuda cinismo fino all’inaspettato e sconvolgente finale. Bellissimo.
Alien: La Clonazione (1997) di Jean-Pierre Jeunet
Duecento anni dopo i fatti di Alien3 (ho detto i fatti, non vi ho sputtanato il finale), i medici della base spaziale Auriga, clonano Ellen Ripley, per recuperare dal suo grembo l’embrione dello xenomorfo. Le cose tanto per cambiare vanno a puttane; e il tenente dovrà ancora una volta riprendere la sua lotta per difendere il genere umano. Il film è una sorta di incubo chirurgico, liquidi, tessuti, placente e sangue avvolgono la vicenda. Un capitolo barocco, raffinato e spesso introspettivo che tocca in maniera geniale le tematiche della manipolazione genetica e delle intelligenze artificiali. Spettacolare.
...................e vissero tutti felici e contenti. Fine.

venerdì 15 giugno 2018

Per quanto voi vi crediate assolti, siete per sempre coinvolti

C’è una storia che volevo raccontarvi. Una storia da immaginare a occhi aperti e sognare a occhi chiusi ….. Nel 1973, a soli cinque anni dal ’68, un impiegato, ispirato dall’ascolto della “Canzone di Maggio” e da quelle parole di lotta, sogna di andare in cerca della propria vendetta personale. Sogna di combattere il potere, il perbenismo, l’immobilismo e le proprie paure. Progetta di far esplodere un ordigno, scegliendo come luogo dell’estremo gesto un ballo mascherato; a cui sono presenti tutte le figure che hanno guidato la sua esistenza. Questo suo gesto, cozza inevitabilmente col suo anarchismo. Facendo esplodere la bomba l’impiegato, non ha deciso solo per se, ma anche per gli altri; trovandosi inevitabilmente sugli stessi gradini di chi detiene il potere, da ribelle diviene parte integrante del potere. Il sogno diventa incubo. L’incubo di prendere il posto del padre, da lui stesso ucciso al ballo, l’incubo di far parte di una borghesia combattuta fino a quel momento. Il risveglio a questo punto è improvviso e lucido. L’uomo inizia a capire che i suoi gesti saranno sempre e solo indirizzati ai propri bisogni. Decide nella realtà di gettare una bomba in Parlamento, ma le sue mani inesperte lo portano a compiere un errore. Arriva così la condanna e il carcere. Il pensiero vola oltre le quattro mura della prigione, il primo gesto è per la fidanzata , a cui scrive una fantastica lettera d’addio. La galera è una scoperta, per la prima volta assapora la vera uguaglianza sociale; quella fra detenuti. Niente più individualismo ed egoismo, solo collettività. L’io passa al noi mentre riecheggia ancora una volta la “Canzone di Maggio” ….. Questa è la storia che vi volevo raccontare, onirica e angosciante, intensa e dura. Una storia sbagliata di denuncia sociale. “Storia di un Impiegato” non è un esortazione alla violenza, ne una benedizione al terrorismo di 50 anni fa; è, a mio modo di vedere, una condanna per chi si erge a potere e lo fa in modo sbagliato. E’ la voce disperata di chi, nelle logiche sociali, non è altro che un numero, di chi vuole smettere di essere oppresso da un sistema troppo sporco e disonesto …. Oggi ho riascoltato questo album … e niente mi è venuta voglia di scrivere. 

mercoledì 13 giugno 2018

Loligo Vulgaris

C’è voluta una giornata uggiosa, pigra e abbastanza noiosa. Dopo un mese esatto eccomi qui. Pronto a dar movimento alle mie dita per portare alla luce un post. Lo scrivo fondamentalmente per me stesso e forse per quelle poche persone che ancora mi danno retta. Ahahahahahah!!! Allora vediamo un po’. Sicuramente avete le palle piene della cronaca delle partite degli Impiccababbu (e poi il campionato è finito), della mostra ho parlato, ho inserito una poesia di Buadelarie e una canzone di De Andrè. Di che parlare? Che ho combinato di così interessante? Ho visto parecchie serie Tv (qualcuna interessante, qualcuna tremenda), un paio di saghe cinematografiche (ci vorrebbero un paio di post solo per questo), ho continuato imperterrito a prendere cazzotti (ma di questo sapete bene che non posso parlarne), ho comprato cinque vinili (ma anche per questo ci vorrebbero dei post più approfonditi). Trovato. Facile, veloce, indolore. Pubblico la ricetta della “zuppetta di calamari” che mi sono sparato ieri a pranzo. Buon compromesso per riprendere confidenza con la tastiera e non tediarvi troppo con roba troppo radical. Prepararla è davvero facile.

Zuppetta di calamari
Ingredienti per 2 persone:
·       400 gr. di calamari
·       Un barattolo di polpa a pezzetti di pomodoro
·       2/3 pomodori maturi taglaiti a cubetti
·       Aglio, prezzemolo, olio, peperoncino, sale e pepe
Si comincia così. In una capiente padella o casseruola fate rosolare l’aglio e il peperoncino nell’olio. Appena sfrigolano un pò aggiungete i pomodori freschi e i calamari, precedentemente puliti e tagliati a rondelle. Fateli cuocere finchè diventeranno bianchi (circa 3/4 minuti). Unite la polpa di pomodori e il prezzemolo tritato, regolate di sale e pepe e fate cuocere riducendo la fiamma al minimo per una mezz’ora circa. La vostra zuppetta è pronta. Perfetta se volete servire un antipasto caldo oppure usarla come primo piatto, servendola, come ho fatto io, con dei bei crostoni di pane rustico strusciati con uno spicchio d’aglio. Mo dale!!!