Dormi sepolto in un
campo di grano, non è la rosa non è il tulipano che ti fan veglia all’ombra dei
fossi ma sono mille papaveri rossi. Lungo le sponde del mio torrente voglio che
scendano i lucci argentati, non più i cadaveri dei soldati portati in braccio
dalla corrente. Cosi dicesti ed era d’inverno e come gli altri verso l’inferno
, te ne vai triste come chi deve il vento ti sputa in faccia la neve. Fermati
Piero, fermati adesso, lascia che il vento ti passi un po’ addosso, dei morti
in battaglia ti porti la voce , chi diede la ve in cambio una croce. Ma tu non
lo udisti e il tempo passava, con le stagioni a passo di java, e arrivasti a
passar la frontiera in un bel giorno di primavera. E mentre marciavi con
l’anima in spalle, vedesti un uomo in fondo alla valle, che aveva il tuo stesso
identico umore ma la divisa di un altro colore. Sparagli Piero, sparagli ora e
dopo un colpo sparagli ancora, fino a che non lo vedrai esangue cadere a terra
e ricoprire il suo sangue. E se gli sparo in fronte o nel cuore, soltanto il
tempo avrà per morire, ma il tempo a me resterà per vedere, vedere gli occhi di
un uomo che muore. E mentre gli usi questa premura quello si volta ti vede e ha
paura, e imbracciata l’artiglieria non ti ricambia la cortesia. Cadesti a terra
senza un lamento e ti accorgesti in un solo momento che la tua vita finiva quel
giorno e non ci sarebbe stato ritorno. Ninetta mia a crepare di maggio , ci
vuole tanto, troppo coraggio. Nninetta bella, dritto all’inferno avrei voluto
andarci d’inverno. E mentre il grano ti stava a sentire, dentro alle mani
stringevi il fucile, dentro la bocca stringevi parole, troppo gelate per
sciogliersi al sole. Dormi sepolto in un campo di grano, non è la rosa, non è
il tulipano, che ti fan veglia all’ombra dei fossi ma sono mille papaveri
rossi.
Fabrizio De Andè - 1966
Nessun commento:
Posta un commento