La birra di cui vi
parlerò oggi, in origine si chiamava “Speedball”, ma visto che indicava una
nota miscela di droghe (eroina e cocaina) i geniali ragazzi della “Brewdog”
sono stati costretti dalle autorità della sempre perfida Albione a cambiargli
il nome, ribattezzando questa strong ale “Dogma”. La preparazione e il
principio che ha portato alla creazione di questa birra però sono rimasti gli
stessi. E’ una produzione speciale, un po’ matta e per questo affascinante. Ai
classici malti e luppoli usati per la creazione di una ale, i terribili
scozzesi hanno aggiunto stimolanti (guaranà e semi di cola, entrambi contenenti
caffeina) e sedativi naturali (semi di papavero), giusto per cercare di
ricreare l’effetto “speedball”. Con l’aggiunta di miele ne è venuta fuori una
birretta da 7,8%. Quando l’ho versata nella tazza mi è apparso un liquido molto
scuro con una schiuma poco generosa, l’aroma sapeva di caramella e subito ho
pensato: ”questa è una cagata”. Ma assaggiandola mi sono ricreduto, il gusto
molto ricco è una combinazione di elementi dolci (si sente il caramello e il
miele), fruttati (pompelmo) e speziati (papavero) che danno un giusto mix dolce-amaro.
Il retrogusto finale è lunghissimo e amaro, accompagna il palato per diversi
minuti dopo l’ultimo sorso. Minchia questi della “Brewdog” ogni volta ne
inventano una, a questo punto non ci resta che aspettare la prossima miscela
magica. Nel frattempo provate questa “Dogma” è proprio una esperienza da fare.
- Sassari, la Torres, svegliarsi all’IsolaRrossa, fare colazione al bar, il tramonto di Marinedda, la festa della birra trinitaiese, il "Che", il Genoa, la partitella di basket, l’alcool, gli amici, le tette enormi, la libertà, la birra, la fotografia, la musica, dipingere, correre, la gnocca, viaggiare, le sbornie, la pornografia, Diego Armando Maradona, i Led Zeppelin, lo stomaco attorcigliato e il cuore che batte per qualcuna (stronza), fottersene, George Best, vivere una crisi, i CCCP, mandare tutti a fare in culo, giocare a subbuteo, leggere, odiare, i p*mpini, il cibo, Dublino, il mare, le amiche del mare, lE d****e, il calcio, le donne, Fabrizio De Andrè, fare un giro con la vespa, l’amore, il venerdì sera, il cecio del giorno dopo, i libri, i Pink Floyd, gli assilli, le occhiaie sul viso, il comunismo, essere di sinistra, le scimmie, gli Afterhours, alcuni films, la lista delle persone che mi stanno sul cazzo, la pasta al forno di nonna, Janis Joplin, le scritte sui muri, il culo di una ragazza che ho visto l’altro giorno per strada, i campari soda, la musica sassarese, ascoltare un vinile, mincionare, la figa, una bella scopata, gli spaghetti n°5 Barilla aglio olio e peperoncino, le cazzate dette al bancone dei bar, il panino gorgonzola e mortadella a metà mattina, la colazione dei campioni, raccontare storie, i panini di Renato, la sculacciata a pecorina, il poker, festeggiare almeno un mondiale, impennare, andare in libreria, i tatuaggi, pisciare in mezzo alla natura, i vecchi oggetti, stare da solo, i polizieschi italiani anni '70, cucinare per gli amici, farsi un giro in bicicletta, la liquirizia, il signor G. Mina, giocare a carte, Andy Capp, i calamari fritti, la mattonella di melanzane della L, Capitan Harlock, Enrico Berlinguer, qualche serie tv, essere un Impiccababbu, l'nduja. il Duca Bianco, Charles Baudelaire, coltivare qualcosa, Snoopy, bestemmiare, i Joy Division, il gin tonic, Heminguay, il Picoolo Bar, i films con gli squali, Tina Modotti, i pistacchi, le botte al Fight Club, Charles Bukowski, la poesia, la pennicchella ………. To be continued
martedì 29 gennaio 2013
lunedì 28 gennaio 2013
Anchor Brewing "Steam Beer"
Altro giro, altra
birra. Questa proprio non l’avevo mai gustata. E’ stata sicuramente la prima “steam”
della mia vita. Prima di parlarvene nel solito stile: ”cazz un bè buona,
beviamocene una cassa”, mi sento in obbligo di fare un breve excursus su questo
tipo particolare di lavorazione. Birre “steam” o in italiano “vapore” era il sopranome
per la birra prodotta sulla costa occidentale d’america in condizioni primitive
e senza ghiaccio. L’origine del nome si riferisce probabilmente alla singolare pratica
di far fermentare la birra sui tetti di San Francisco in un clima fresco. L’aria
della notte garantiva un naturale raffreddamento delle birre in fermentazione,
il contrasto tra pentole calde e aria fresca dava vita a colonne di vapore, da
qui il nome “steam”. Ahhh spero di avervi fatto capire più o meno questo
procedimento a bassa fermentazione. Questa tradizione viene portata avanti
ancora oggi dalla “Anchor Brewing”, certo le pentole sono diventati
fermentatori ma continuano sempre a lasciarli all’aperto. La “Steam beer” in
questione si presenta con un colore ambrato e opaco, la schiuma molto corposa è
color panna. Il gusto è quello classico della lager chiare, è morbido
non molto alcoolico solo 4,9%. Al primo sorso vengono fuori i malti fruttati,
per poi dare spazio a un sapore di nocciola, molto caratteristico, dal finale
amaro. Ottimo tentativo dei birrai di San Francisco di mantenere viva la
tradizione delle “California Common”, questo è il nome che definisce questo genere, visto
che la “Anchor” ha registrato il marchio ”steam beer”… Che bastardi... Però la
birra è buona, e il suo processo di fermentazione come nessun altro, le
garantisce un gusto ricco ed un sapore caratteristico. Provatela.
sabato 26 gennaio 2013
Ridgeway Brewing "IPA"
Ciao a tutti. Come si
sul dire l’occasione fa l’uomo ladro, e un birrafondaio rimane sempre un
birrafondaio. Ecco perché in settimana spinto da una voglia abbastanza
persistente di buon luppolo mi sono concesso un salto dal solito pusher di
fiducia e ho comprato una gamma interessante di birrette. Come sempre non
potevo esimermi dall’assagiarle e dal proporvi la solita artigianale recensione.
Questo post è dedicato alla “IPA” della Ridgeway Brewing, uno dei birrifici
emergenti del Regno Unito, situato a South Stoke nel Oxfordshire, nato sulle
ceneri di un vecchio birrificio ripropone il recupero di tradizioni ormai
perse e vecchie ricette originali. Ora passiamo alla birra che ho bevuto solo poche ore fa. Se non ricordo
male nella tazza aveva un colore dorato
pallido tendente al rame, con una schiuma molto pannosa e consistente. L’aroma
come tutte le IPA è fresco e luppolato, con note di agrumi, principalmente di
pompelmo. In bocca il sapore è spiccatamente amaro, inizialmente prevale il
fruttato per poi dare spazio a note di liquirizia e pepe, finale amarissimo che
invita a bere ancora, ancora e ancora. Una buona IPA non eccessivamente alcoolica,
solo 5,5%, amara, elegante, dissetante e profumata. La consiglio vivamente. Ma
io non faccio testo, le berrei tuttttteeeeee.
giovedì 24 gennaio 2013
Sassari rules
Molti la criticano,
alcuni la disprezzano, altri colgono qualsiasi occasione per denigrarla e farla
a pezzi, ma è solo gente che non la vive, non la conosce e forse non se la
merita. Non è solo la città in cui vivo,
dove ho la famiglia e gli amici. Sassari è uno stato mentale, un modo di
vivere, un modo di pensare, una parte importante del mio essere. La trovo
fantastica in qualsiasi momento della giornata, a partire dalla mattina quando
l’odore del pane caldo avvolge le vie del centro storico e quello delle paste
appena sfornate inonda gli interni dei bar, e quando le strade iniziano ad
essere esageratamente trafficate perché siamo troppo “mandroni”, fino alla sera
quando i bar iniziano a riempirsi per l’ultima birretta prima di rientrare a
casa. Adoro girare per i circoli di Sassari vecchia, incontrare gente
sconosciuta, berci insieme come se ci conoscessimo da una vita, adoro la “cionfra”
che si crea in quelle situazioni e il rincoglionimento dato da quel vino un po’
vigliacco. Adoro quei momenti di amicizia e sincerità che solo un altro
sassarese sconosciuto ti sa dare. Adoro andare a pranzo nelle trattorie tipiche,
mangiare la solita trippa, i soliti piedini e le solite lumache. Iniziare giusto
con un’ammazza caffè per digerire, prenderci la mano e non rientrare più a
casa, se non a notte fonda “beddu inciarinaddu”. Adoro la musica folk sassarese
e i suoi cantori. Adoro le parole struggenti di alcune canzoni che riescono
sempre a mettermi qualche brivido adosso, cosi come le fantastiche rime allegre
insinuano gioia e felicità. Adoro Sassari in festa, quando tutto diventa
rossoblu, il suono dei tamburi scandisce il battito del tuo cuore, il tuo candeliere
scende e i portatori lo fanno ballare sputando l’anima. E tu vai fiero di
vivere quel momento. Adoro i sassaresi, specialmente quelli un po’ cosi,
personaggi tanto affascinanti quanto un “pogareddu macchi”, sempre disposti a
due “ciarameddi” ed a dispensare qualche perla di saggezza. Macchiette innocue
che tutti amano, ma adoro anche gli altri, quelli un po’ “figliori di bagassa”.
Quelli del “conto confusione”, quelli che quando c’è da fare una colletta
mancano sempre almeno due quote, quelli che sanno sempre tutto loro, quelli che
“fazzini tutto alla cua” ecc. ecc.. Adoro svegliarmi presto la domenica mattina
e “alzare” all’Acquedotto per tifare la Torres, quel sentimento di fratellanza
che ti lega ad altri anche senza conoscerli è fantastico, ti fa sentire vero e orgoglioso di essere sassarese. E poi quando arriva l’estate adoro le
organizzazioni per le “ziminatte”, tutti sono pronti a dare una mano, arrivi
nella campagna prescelta, e colpo di scena: niente è pronto, ognuno ha portano
una cassa di birra e boh, e come sempre non si mangia mai un cazzo. Adoro non
mangiare un cazzo alle “ziminatte” e prendermi cotture memorabili. Adoro, adoro, adoro…….
Ci sarebbe da scrivere tomi interi su Sassari e i suoi abitanti. Questi e
altri mille motivi che non sto qui a citare mi fanno sentire fiero di essere
sassarese. Amo Sassari e non me ne vergogno.
lunedì 21 gennaio 2013
From ghetto to palazzetto
Solo pochi mesi fa, allenandosi
nei più disgraziati playground sassaresei, alcuni membri degli Impiccababbu
fantasticavano su come sarebbe stato questo campionato UISP. Immaginando
partite, avversari e campi su cui si sarebbe giocato. Nessuno avrebbe mai
paventato l’ipotesi di giocare certo al “palazzetto”, e invece ecco che
giovedi scorso la giovane squadra in verde ha fatto il suo esordio sul parquet
più famoso di Sassari. Il salotto buono del basket turritano mette un po’ di
soggezione, il campo è enorme, gli avversari sono i campioni in carica (una
squadra vera, tosta e agguerritissima) e noi non siamo in perfetta forma, ma
bisognava dimenticarselo alla svelta e cercare di conquistare gli ennesimi
punti in trasferta. La partita inizia su ritmi veramente blandi, le due squadre
sembrano non avere la carica giusta, il primo quarto è caratterizzato da
tantissimi errori al tiro e non solo, la dimostrazione è il risultato finale 10
a 10. Nel secondo periodo la situazione non cambia di molto gli Impiccababbu
sono ancora contratti, la circolazione di palla è pessima, ancora errori, ancora
forzature e ancora palle perse. Risultato finale all’intervallo 27 a 20 per i
padroni di casa, che iniziano lievemente
a far sentire la loro superiorità. Meno male c’è l’intervallo per rifiatare… ma
gosa!!! manco quello!!! Gli orari tassativi imposti da un servo del palazzetto
impongo la ripartenza immediata, altrimenti niente doccia… cazz neanche ad Auschwitz.
Si riparte, ma la situazione non cambia di molto, Tavoni piazza ancora dei bei
parziali, e anche se il loro gioco non è per niente trascendentale, realizza
qualche buon canestro, noi giochiamo bene in difesa ma è in attacco che siamo
veramente inconcludenti, anche questo quarto lo finiamo a quota 10 punti
realizzati. Meno 13, il tabellone segna 43
a 30 all’inizio dell’ultimo periodo. Nonostante le indicazioni del coach e gli
incitamenti nell’ultimo periodo la situazione non cambia, siamo una barca allo
sbando, continuiamo ad affondare inesorabilmente. Gli avversari rallentano la
gara ormai in pieno controllo, mentre noi imperterriti continuiamo a giocare di
merda a tratti siamo veramente fastidiosi, negli ultimi 10 minuti facciamo solo
7 punti, che schifo!!! Al suono della sirena Tavoni 53 Impiccababbu
37. Cazzo che sonora sconfitta, forse ci serviva o forse no, credo che
ne dovremo fare tesoro per le partite future. Ormai il palazzetto è andato, ci
siamo tolti questo sfizio e da oggi si fa sul serio. Forza IMPICCABABBU.
martedì 8 gennaio 2013
Feeling kind of green
Trasferta insidiosa
per gli Impiccababbu alla ripresa del campionato “Open” della UISP. L’insieme
di eccessi alcoolici, mastodontiche abbuffate natalizie e una formazione largamente
rimaneggiata danno l’alchimia giusta per una sonora sconfitta. Neanche il più
fiducioso dei bootmaker ad inizio partita avrebbe scommesso qualche centesimo sugli
“underdog” in maglia verde. Ma è proprio in queste situazioni che si vede il
carattere di una squadra. La partita nel catino di Santa Maria di Pisa è di
quelle importanti, è uno spartiacque, oggi sapremo se siamo una squadra che
soffre o molla alle prime difficoltà. Dai cazzo palla a due. Il primo quarto
non verrà certo ricordato negli annali del basket, le squadre sono appesantite,
la circolazione di palla è lenta e il ferro sputa qualsiasi tiro dalla
distanza, il panettone si sente e come. Gli Impiccababbu mettono un punto al
minuto mentre gli avversari fanno ancora peggio finiscono il primo quarto a
quota 7, siamo avanti di 3 alla fine del periodo. Il secondo quarto si apre con
i verdi ancora in sofferenza, nei primi minuti non si segna e gli Olblex
prendono un piccolo ma significativo vantaggio, a metà periodo siamo sotto di 7.
Il time out chiesto da lu goach mette un po’ di ordine, gli Impiccababbu
rientrano in campo piazzando un bel parziale e si riportano in vantaggio. All’intervallo
siamo 22 a 18, + 4, non ce male visto come si stavano mettendo le cose. Dopo
aver rifiatato le due squadre nel terzo quarto sembrano avere nuove energie,
buone conclusioni da entrambi i lati, la circolazione migliora e si corre
parecchio. Entrambe le squadre segnano con un buon ritmo, purtroppo però il
quarto lo perdiamo, finiamo sotto 36 a 35. Si entra cosi nella porzione finale
di partita. La difesa verde chiude ogni spiraglio, prende rimbalzi, corre instancabilmente,
tutti sputano l’anima e danno il proprio contributo, si recuperano palloni su
palloni, la gestione è ottima, si attacca la zona con estrema lucidità. Siamo
avanti di brutto. Gli avversari incominciano a mandare in lunetta gli Impiccababbu
con falli sistematici, ma anche li oggi non si sbaglia niente, le percentuali sono
stratosferiche. Risultato finale Olblex
44 Impiccababbu 56.
Ultimo quarto da incorniciare, volevamo questa vittoria e ce la siamo presa. Grandissimi
TUTTI, ora lo sappiamo, questa squadra ha CUORE, ORGOGLIO, un ANIMA e non molla
MAI…..… Forza IMPICCABABBU.
lunedì 7 gennaio 2013
Quando il polpo diventa stravagante....
Bene, bene, bene… Anno
nuovo e nuove ricette. Siete pronti per allietare il vostro palato e quello dei
vostri commensali? Questa volta vi presento un piatto che ho fatto per la prima
volta nei giorni scorsi, come colpo di coda alle interminabili abbuffate di
fine anno. Faceva parte di un tris di antipasti interamente dedicati al mare,
ma a mio modo di vedere può anche essere presentato come un secondo o come
contorno, quello lo deciderete voi nel caso l’idea vi piaccia. Si tratta del
cosi detto “polpo in bottiglia”, chiamato anche “carpaccio di polpo” anche se
in realtà si tratta di una lavorazione cotta e non cruda come si intende di
solito per il carpaccio. Il procedimento è un po’ lungo va affrontato dal giorno
prima in cui intendete fare il pasto, ma non preoccupatevi è semplice , ora vi
spiego tutto.
Ricetta
Dati tecnici:
· grado di difficoltà: medio
· tempo
di preparazione: anche se si svolge lungo 2 giorni in realtà bastano pochi minuti, massimo 40 minuti
· tempo di cottura: intorno a 10 minuti
in pentola a pressione, altrimenti un po’ di più
Ingredienti per 4
persone (la solita dose abbondante per gente affamata)
· 1 Kg. di polpi freschi, ma uno intero
va bene uguale
· 1 foglia di alloro
· 2 gambi di sedano
· qualche bacca di ginepro
· Il succo di mezzo limone
· Olio extra vergine di oliva
· Sale e pepe q.b.
Preparazione:
· Per preparare il carpaccio di polpo,
procedete in questo modo: prendete il polpo e con un coltello affilato fate un
incisione lungo la sacca ed asportate gli occhi ed il rostro, svuotate anche l’interno
della sacca e se avete a che fare con un polpo di grosse dimensioni battetelo
leggermente con un pestacarne per intenerirlo. Lavatelo molto bene stando
attenti ad eliminare le impurità dai tentacoli. Riempite la pentola a pressione
per 3/4, aggiungete la foglia di alloro, i gambi di sedano, i grani di ginepro
e pepe, il sale ed ovviamente i polpi o il polpo, chiudete la pentola e cuocete
per 10 minuti. Quando il polpo sarà cotto estraetelo dal liquido di cottura.
Preparate poi la bottiglia di plastica con la quale darete forma cilindrica
alle carni dell’animale. Tagliate la sommità e praticate dei forellini sul
fondo, adagiate in maniera armoniosa all’interno i polpi, in modo tale che una
volta pressati formino un bel disegno nella fetta che taglierete. A questo
punto aiutandovi con qualsiasi cosa (io ho usato un barattolo di vetro ben
pulito) iniziate a pressare il polpo spingendolo verso il basso. Quando il
liquido avrà terminato di fuoriuscire dai forellini sul fondo, con le forbici
tagliate le estremità della bottiglia per creare delle linguette, richiudetele
verso il centro e stringendo per bene avvolgete il tutto con la pellicola.
Riponetelo per 24 ore in frigo con un peso sopra, io per solidificarlo ancora
un po’ e facilitare poi il taglio, prima del pranzo lo messo in freezer per un
oretta e qualcosa, comunque giudicate voi la consistenza. Ricordatevi di fare questa operazione non
troppo a ridosso del pasto, altrimenti sarà troppo freddo. Al momento di
servirlo, tagliate la bottiglia di plastica, estraete il polpo ed affettatelo
finemente come se fosse un salame. Quindi preparate l’emulsione con olio,
limone e pepe nero in polvere, Disponete le fette di polpo su un piatto di
portata, coprite con il composto e guarnite con i grani di pepe e le bacche di
ginepro….. Cazz ogna trabagliu, ma vi assicuro che ne vale proprio la pena.
Buon appetito ed alla prossima ricetta…
mercoledì 2 gennaio 2013
Bye bye old fucking year
Vaffanculo 2012!!!
Speriamo bene 2013!!! Dopo 19 anni finalmente Giove Pluvio entra nel Cancro .... me
cojoni!!! diceva qualche sommo poeta. Questo
evento astronomico dovrebbe portare tutto il meglio possibile a quelli nati
sotto questo segno, io per non sbagliare mi tocco le balle. Non credo all’astrologia
ma come tutti uno sguardo l’ho dato e se fosse veramente vero, quest’anno non
dovrei fare un cazzo, limitandomi solamente ad aspettare che le cose cadano dal
cielo. Ma che cazzo… io i miei buoni propositi per il nuovo anno gli ho fatti,
anche perché se le cose non me le zappo io, non ci pensa nessuno. Attenzione non
farò cambiamenti allucinanti, la testa ormai è quella che è, in modo giusto o
sbagliato, funziona cosi, mi piace e mi ci sono abituato. Perciò ecco qualche buon
proposito per il 2013. Andare più spesso a trovare nonna, correre, mangiare
meno schifezze, continuare a prendersi pericolose sbornie (mica sono un santo),
mai dire: ”non lo so”, mai fare quello che non voglio, farmi finalmente una
giapponese, stare più vicino possibile al mare, solo roba buona, vivere con più
arte, continuare con le solite marmellate, stare più con gli amici, ascoltare
sempre la musica, sorridere sempre e comunque, continuare a fregarsene del
conto in banca riuscendo ugualmente a mettere qualcosa da parte per viaggiare,
dire sempre :”grazie” anche quando manderò qualcuno a fare in culo.. ma ugualmente
in modo garbato, leggere sempre di più, fotografare tutto, organizzare cenette
con le persone giuste … ma anche stare da solo non è mica male, aggiustare una
vecchia “graziella” per andarci in giro, conquistare il mondo ( oops questo mi
è scappato)…. morire.
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