• Sassari, la Torres, svegliarsi all’IsolaRrossa, fare colazione al bar, il tramonto di Marinedda, la festa della birra trinitaiese, il "Che", il Genoa, la partitella di basket, l’alcool, gli amici, le tette enormi, la libertà, la birra, la fotografia, la musica, dipingere, correre, la gnocca, viaggiare, le sbornie, la pornografia, Diego Armando Maradona, i Led Zeppelin, lo stomaco attorcigliato e il cuore che batte per qualcuna (stronza), fottersene, George Best, vivere una crisi, i CCCP, mandare tutti a fare in culo, giocare a subbuteo, leggere, odiare, i p*mpini, il cibo, Dublino, il mare, le amiche del mare, lE d****e, il calcio, le donne, Fabrizio De Andrè, fare un giro con la vespa, l’amore, il venerdì sera, il cecio del giorno dopo, i libri, i Pink Floyd, gli assilli, le occhiaie sul viso, il comunismo, essere di sinistra, le scimmie, gli Afterhours, alcuni films, la lista delle persone che mi stanno sul cazzo, la pasta al forno di nonna, Janis Joplin, le scritte sui muri, il culo di una ragazza che ho visto l’altro giorno per strada, i campari soda, la musica sassarese, ascoltare un vinile, mincionare, la figa, una bella scopata, gli spaghetti n°5 Barilla aglio olio e peperoncino, le cazzate dette al bancone dei bar, il panino gorgonzola e mortadella a metà mattina, la colazione dei campioni, raccontare storie, i panini di Renato, la sculacciata a pecorina, il poker, festeggiare almeno un mondiale, impennare, andare in libreria, i tatuaggi, pisciare in mezzo alla natura, i vecchi oggetti, stare da solo, i polizieschi italiani anni '70, cucinare per gli amici, farsi un giro in bicicletta, la liquirizia, il signor G. Mina, giocare a carte, Andy Capp, i calamari fritti, la mattonella di melanzane della L, Capitan Harlock, Enrico Berlinguer, qualche serie tv, essere un Impiccababbu, l'nduja. il Duca Bianco, Charles Baudelaire, coltivare qualcosa, Snoopy, bestemmiare, i Joy Division, il gin tonic, Heminguay, il Picoolo Bar, i films con gli squali, Tina Modotti, i pistacchi, le botte al Fight Club, Charles Bukowski, la poesia, la pennicchella ………. To be continued

giovedì 30 gennaio 2025

Fedele alla Linea

Non mi importa proprio un bel cazzo di come verrà ricordato questo 2024 appena finito. Non conta che abbia compiuto 50 anni. Non conta o conta veramente poco quello che è accaduto nel mondo. Continuo a vivere ugualmente e nonostante, tutto o quasi ormai mi disgusti, ma state tranquilli non affronterò l’argomento, nè tantomeno parlerò del mio caustico negativismo. Ci sarà sempre tempo per le mie sentenze o i miei giudizi. Qualcosa già mi frulla in testa. Perché ricorderò questo 2024? Esistono svariati motivi: i mostriciattoli che crescono, le belle serate con gli amici, buoni libri, i tramonti, il mare, la pittura, i gin tonic, ripartire con la corsa, ecc… ecc… ma tutto quest’anno, da poco finito, è tenuto insieme da un filo particolare. Una colonna sonora unica e familiare, una musica dirompente e radicata. Un “Punk Rock filo Sovietico Emiliano”. Se il mio 2024 avesse un titolo, sarebbe sicuramente: “CCCP – Fedeli alla Linea”.
Sabato 9 febbraio, Reggio Emilia.  Non c’è freddo e manca il sole. La pianura padana è sonnolenta, silenziosa e ovattata. La “noia normale” si interrompe improvvisamente quando passiamo in macchina davanti ai Chiostri San Pietro a Reggio Emilia. Baaamm!!! Arriva la botta di adrenalina. Da mesi si parlava di questa tappa e finalmente ci siamo. Sono qui, proprio dove volevo essere. “Felicitazioni”. Veniamo accolti, al Checkpoint Charlie, dai colpi di mitragliatrice di “Juri”. Si inizia. Man mano che mi addentro, rimango affascinato. Non è la solita mostra per inguaribili nostalgici di una gioventù ormai passata, è arte contemporanea. Una creazione che avvolge, coinvolge e stimola. Non la semplice celebrazione per i 40 anni (1984-2024) della band, è qualcosa di più. E’ un esperienza trasversale e invasiva. Un epico percorso creativo, stimolato da luci, filmati, manifesti, dischi e musica. Ci sono come ovvio anche i memorabila del caso, ma riescono a integrarsi nel discorso generale come semplici testimoni della storia della band. Com’è ovvio e come è sempre stato, l’obiettivo è aspettarsi “un emozione sempre più indefinibile”. Abbandoniamo l’Emilia verso l’ora del tramonto, emozionati e stupefatti, con quell’aria malinconica che gli addii lasciano. Senza sapere quello che ancora ci aspetta, ci sono ancora tanti km da fare e abbiamo un aereo da prendere.
Gioved’ 18 luglio, Sassari. Ieri ho compiuto 50 anni. Non ho festeggiato. Semplicemente non ne avevo voglia e non sentivo questo traguardo cosi importante da rompere i coglioni alle persone, (soprattutto col caldo estivo). Quando invitano me a un compleanno di solito bestemmio, “Porco dioooooo noooo, ma che cazzoooo, che rompicoglioni”. Per cui niente festa, niente auguri, ma il regalo, quello si. Qualcosa di personale e unico, solo per me. Da tempo mi ronza in testa. E’ arrivato il momento giusto. E’ arrivato il momento di sanguinare un po’. Un tatuaggio è quello che ci vuole. “Ortodossia”. Una parola che rappresenta ormai il mio modo di essere e di confrontarmi col mondo. Una parola spesso fraintesa e legata unicamente alla religiosità. Ma per gli atei convinti come me, etimologicamente significa correttezza, rettitudine e opinione. Sono ortodosso perché negli anni ho costruito un mio codice di comportamento, una  sorta di dottrina filosofica-morale che cerco di rispettare sempre (anche se,una volta ho sgarrato di brutto) per non arrecare danni agli altri e vivere sereno con me stesso. E poi “compagni, cittadini, fratelli, partigiani” che leggete queste righe, sapete benissimo che Ortodossia è il primo singolo pubblicato dai CCCP nel 1984. La prima pietra lanciata. Il primo atto di resistenza e protesta, la linea di demarcazione di un universo culturale diverso e unico, che ha cambiato per sempre la mia visione e il mio approccio alle cose della vita.“… non sono come tu mi vuoi …” Marchiato per sempre.
Sabato 3 agosto, Alghero“ …. ciò che deve accedere accade …” E venne il giorno (direi io). Difficile da spiegare quello che ho provato quando c’è stato l’annuncio degli annunci. Ferretti, Zamboni, Fatur e la bellissima Annarella, tornano su un palco. Finalmenteeeee!!! La cellula si risveglia. E poi l’attesa. L’inizio del concerto, le prime note di Depressione Caspica e gli “occhi infossati, lucidi. Noie col respiro. Mi si accellera il fiato. Eppure sono vivo …” L’atmosfera è quella che colpisce, un unico rito collettivo Punk per chi ricorda e ancora sogna in maniera differente. Giovanni Lindo canta la sua liturgia postmoderna, scandita dal suono disturbato della chitarra di Zamboni, dalle performance dell’artista del popolo italiano Danilo Fatur, e dalla benemerita soubrette Annarella  Giudici. Sono loro i protagonisti di un’epoca dove si suonava per dire qualcosa, per necessità e per risvegliare le coscienze. Il concerto è un viaggio nel tempo, le canzoni sono un viaggio nel tempo, sono il richiamo a un’identità culturale assonata ma attuale.  Chi l’avrebbe mai detto, dopo tanti anni, e quel primo difficile ascolto, che avrei cantato ancora le loro canzoni. Quel lampo di luce oltre il muro nato un’estate di 40 anni fa a Berlino è ancora vivo. Ogni parola, ogni suono. vibrano nell’aria carichi di sofferenza. Io, la folla, tutti lo cantiano come un canto d’amore. Ho gli occhi lucidi, la pelle d’oca e tremo. “In fedeltà la linea c’è …….”

lunedì 20 gennaio 2025

Fast & Furious

 “Vivo la mia vita a un quarto di miglia alla volta, non m’importa di nient’altro …… per quei 10 secondi sono libero.” Dominic Toretto/Vin Diesel ”Fast and Furious – 2001”
 

Ho iniziato questo post con l’idea di parlarivi di Crhistopher Nolan, e dei suoi film geniali, anche se i Batman mmmhhh!!!, non saprei.  Mi stavo ficcando in un ginepraio. Un post troppo radical chic e celebrativo su film impegnati, sulla bravura del regista, sulle sceneggiature da oscar, ecc… ecc…. Un lavoro da critico cinematografico che va ben oltre le mie competenze di cinefilo da divano. Quindi di Nolan continuerò a parlarne solo con Porquè ubriachi al bancone del Piccolo. Comunque mentre scrivevo del “genio” di Nolan, cancellando e riscrivendo, rileggendo e cancellando; a un certo punto c’è finito in mezzo “Fsst & Furious” e la sua intera saga. Tac!!! Non ho più pensato ad altro. Ecco lo “spleen”, l’illuminazione. Ho nuovamente cancellato tutto quello che avevo scritto e ….. Che ne dite? Meglio? Direi proprio di si. Auto truccate e belle donne, ora mi sento a mio agio. Era il 2001. Pensavo che i miei 27 anni fossero già tanti. C’era ancora il FestivalBar, la Torres giocava in C1 (tanto per cambiare), ascoltavo come sempre i CCCP, i cellulari della Nokia spopolavano e si andava in videoteca per noleggiare un blockbuster abbastanza recente. Altri tempi, non so se meglio o peggio, direi diversi. Comunque proprio in quell’anno nasceva, un pò in sordina, la saga di “Fast & Furious”. Non andai di certo al cinema per vedere la prima pellicola, non andai neanche per la seconda e cosi via. Ho guardato tutti i film sdraiato comodamente sul divano. La prima volta è stata, una di quelle visioni che affronti svogliato un sabato sera, con l’hangover del venerdi, per arrivare all’ora della nanna senza usare troppo il cervello. Devo dire che fu veramente una sorpresa, un brusco risveglio, perché detto tra noi i tamarri, le auto truccate, le risse, gli inseguimenti con esplosioni piacciono a tutti i maschietti. Da allora sono passati più di vent’anni, dieci film che con lo spinoff arrivano a undici. Una storia, una famiglia e la celebrazione del mondo cool delle corse clandestine. Chi almeno una volta nella vita non ha sognato  un’avventura a bordo di una Dogde Charger del 1970? I film nel corso di queste due decadi si sono evoluti, un ventennio in cui la famiglia disfunzionale e allargata di Dominic Toretto è passata da sparatorie e inseguimenti ad avere una coscienza sociale, anti capitalistica e green (ma forse l’avevano già nei primi episodi). Dei moderni Robin Hood, poco interessati al proprio tornaconto e determinati nell’ostacolare malvagie organizzazioni governative e/o criminali: ovviamente senza mai smettere di truccare esageratamente motori al ritmo di musica Rap, “un quarto di miglia alla volta”, tra fratellanza, rispetto e libertà. Non esistono vie di mezzo, questi films piacciono tantissimo o no. Io sono tra quelli che li adorano, quelli a cui non piacciono o non li hanno ancora visti o si vergognano nel dirlo; perché fa più figo spaccarsi i coglioni per 3 ore con un film di Truffaut che guardare botte da orbi stile trash!!!

martedì 14 gennaio 2025

Qualcuno è Impiccababbu perchè .....

Qualcuno è Impiccababbu perché il 12 giugno 2012 era imbriaggu al Piccolo bar.
Qualcuno è Impiccababbu perché quel 12 giugno ha risposto al telefono.
Qualcuno è Impiccababbu perché l’ha portato un amico.
Qualcuno è Impiccababbu perché no? Ci sto!!!
Qualcuno è Impiccababbu perché sa giocare a basket.
Qualcuno è Impiccababbu perché non sa giocare a basket.
Qualcuno è Impiccababbu perché prima partita e poi birretta, o viceversa.
Qualcuno è Impiccababbu perché ama il basket.
Qualcuno è Impiccababbu perché sa che il basket è un altro sport.
Qualcuno è Impiccababbu perché è una brava persona.
Qualcuno è Impiccababbu perché non è una brava persona.
Qualcuno è Impiccababbu perché in campo è sempre nervoso.
Qualcuno è Impiccababbu perché è antipatico.
Qualcuno è Impiccababbu perché gli piace essere un “Under Dog”.
Qualcuno è Impiccababbu perché gode nell’essere sempre in emergenza.
Qualcuno è Impiccababbu perché ci si deve sempre arrangiare.
Qualcuno è Impiccababbu perché vuole andare a giocare a Ozieri solo per mangiare la pizza ai frutti di mare da Suppio.
Qualcuno è Impiccababbu perché i terzi tempi degli avversari? anche no.
Qualcuno è Impiccababbu perché gli piace “scuzzulare” gli algheresi.
Qualcuno è Impiccababbu perché Gabetti merda.
Qualcuno è Impiccababbu perché allenamento? Oooohhhh!!!
Qualcuno è Impiccababbu perché pomeriggissimo? Ssssiii!!!
Qualcuno è Impiccababbu perché gli piace “Ul Temutissimo”.
Qualcuno è Impiccababbu perché  la Uisp non gli è mai piaciuta.
Qualcuno è Impiccababbu perché Jordan merda alè, Jordan merda alè, Jordan merda alè.
Qualcuno è Impiccababbu perché “The Last Dance”.
Qualcuno è Impiccababbu perché la divisa verde sul campo da gioco è troppo bella.

Qualcuno è Impiccababbu perchè simpatici gli Olblex, ma vuoi mettere.
Qualcuno è Impiccababbu perchè è sopravvissuto allo sformato di zucca.
Qualcuno è Impiccababbu perchè "tanquillo Peppì è solo insaccata".

To be continued…

domenica 12 gennaio 2025

Un anno sull'altipiano

Continuiamo con il rimetterci al pari con i post arretrati. Due anni e mezzo di libri letti ma di cui non ho mai scritto, più probabilmente però, ve ne ho parlato mezzo brillo al bancone di qualche bar (di questo sicuramente). Oggi tocca a Emilio Lussu e al suo “Un anno sull’altipiano”. Un libro scritto a più di vent’anni dall’accadimento dei fatti a causa di una forzata immobilità dell’autore, generata dalla convalescenza per un’operazione. Pubblicato per la prima volta nel 1938 in Francia (perché quelle merde di fascisti davano la caccia agli oppositori come Lussu) narra di fatti realmente accaduti tra il giugno del 1916 e il luglio del 1917, nel pieno della “Grande Guerra”. Il libro scritto in prima persona a metà tra romanzo e diario, racconta un anno di vita (dei quattro passati al fronte) dell’autore. Un’autentica testimonianza italiana della guerra raccontata cruda e cinica. Nel leggerlo ho provato (o per lo meno credo di averlo fatto, ma non sono mai stato in guerra per dirlo) le stesse sensazioni che un soldato può provare durante la guerra. La perdita di un compagno, la sofferenza, la morte, la semplice speranza di sopravvivere e arrivare alla fine di una giornata passata in trincea o ad assaltare quelle nemiche. Ho provato tutto ciò, appassionandomi realmente al racconto e alla soppravvivenza dei soldati, che imbottiti di liquori superavano la paura, il freddo e i timori buttandosi in battaglia. Secco e asciutto è un racconto appassionato di chi (come Lussu) è stato trascinato a combattere una guerra non sua ma decisa, come sempre, da altri. Studenti, professori, contadini, operai ecc… ecc... che la guerra non la sapevano fare. Uomini mandati al masssacro da superiori non sempre equilibrati, da scelte discutibili e desioni pessime. Una drammatica esperienza avvenuta sull’altopiano d’Asiago ma credo riconducibile a qualsiasi scenario di guerra. Una spietata requisitoria sull’orrore e la realtà della guerra. Leggetelo.