“La Grazia? E’ quella cosa che ti trattiene dal raggiungere
una pistola troppo in fretta, ti trattiene dal distruggere le cose troppo in
fretta” Jeff Buckley
Era seduto sulla riva
di un affluente del Mississippi. Guardava le cupe acque scorrere. Decise di
fare un bagno. Annegò. Era il 29 maggio 1997 quando Jeff Buckley morì. Lasciando
nel panorama musicale un buco tremendamente silenzioso ancora incolmato. Solo
tre anni prima, il 23 agosto 1994, usciva il suo primo e unico album. Dieci
canzoni che lo fecero entrare per sempre nell’olimpo delle star del rock. Fino
a quel momento Jeff Buckley era poco meno che uno sconosciuto. Suonava in
piccoli locali di New York portandosi dietro la pesante eredità del padre, Tim
Buckley, grosso esponente del folk rock statunitense morto a 28 anni di
overdose. La sua musica però aveva qualcosa di speciale, quelle preghiere
malinconiche e oscure, recitate solo chitarra e voce non potevano rimanere nell’ombra.
Viene messo sotto contratto dalla Columbia e subito al lavoro per catturare la
sua furiosa creatività. Negli studi di Woodstock nel ’94 prende vita il suo
primo, sorprendente, struggente e unico album, ”Grace”. Non so dire quante volte ho ascoltato quell’album, è
difficile contarle, perché vieni rapito e trasportato in un viaggio abissale,
dove quasi incredulo rimani paralizzato. Cazzo che sonorità!!! Dieci perle,
dieci piccoli capolavori, dieci lamenti di distorta lotta contro i demoni. Il
solitario gospel “Mojo pin”, “Grace”, “Love,
you should’ve come over” fermano letteralmente il tempo. Spiccano anche le
cover, “Hallelujah” di Leonard Cohen
e “Liliac wine” di Nina Simone,
cantate e suonate meglio delle originali, dove Jeff sfrutta la sua eccezionale estensione
vocale. Da brividi è “Dreams brother”,
la risposta a “Dream letter”, la
canzone-messaggio lasciatagli dal padre. Che ci crediate o no questo disco non
ebbe un successo immediato. La fama arrivò solo un anno dopo. Sono passati vent’anni,
“Grace” è diventato un classico del rock, un piccolo miracolo musicale, un
album da avere assolutamente in casa. Un confortante compagno di viaggio. Una
cura per l’assenza di senso dell’esistenza. Se avete 51 minuti e 44 secondi
liberi schiacciate play e …….…. perdetevi!!!
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