“… e il terzo angelo suonò la tromba. E cadde dal cielo una
grande stella ardente. E cadde sui fiumi e sulle acque. E il nome di quella
stella era Assenzio. E le acque furono mutate in Assenzio e molti uomini perirono
perché sommersi da quelle acque diventate amare…”
San Giovanni "Apocalisse"
Vagava tra le cupe
terre dell’Europa del nord avvolta in un mantello. Porgeva il calice allungando
le mani saturando l’aria di odori e umori. Offrendo un liquido color del cielo
che si frange nel mare, contaminato dal verde che ha respirato l’oro del sole. Lei
era una fata Verde e ciò che donava era una panacea. Nasce così il mito di
Artemisia e di una bevanda che ha fatto epoca. Una vera a autentica musa che ha
impregnato la cultura francese, dilagando nei romanzi, nelle rime e sulle tele
dei pittori. In breve tempo riuscì a possedere le menti di molti, che ne
divennero schiavi, supini ai suoi desideri, tanto che i governi furono
costretti a costruire tribunali. Da fata venne giudicata strega, esponendola
sul rogo delle pubbliche piazze. Come ha
fatto un erba utilizzata da Ipocrete per curare la malaria a creare tanto
scompiglio nel mondo moderno? Artemisia è il suo altisonante nome latino.
Dovrebbe riferirsi ad Artemisia Gentileschi, un’artista seicentesca, che si
liberò del marito per dedicarsi anima e corpo alla pittura. Si trovano tracce
di questa pianta nella bibbia dove Re Salomone la usava per contrastare la
dolcezza del miele, Plinio nell’antica Roma faceva brindare i vincitori delle
corse per rammentare loro che la vittoria porta anche amarezza, mentre San
Giovanni la citava come angoscia nell’apocalisse. Nel settecento l’assenzio
popolava gli erbari per le sue proprietà curative, ma iniziava anche ad apparire
nelle opere letterarie, gli attribuivano una brutta fama, descrivendo i giorni
dell’assenzio come quelli i più amari. L’assenzio veniva usato, mischiato ad
acqua fresca per dissetare, fino al giorno in cui un militare e un giovane con
esperienza distillatoria, iniziarono a produrlo. In principio serviva solo per
i militari che partivano in guerra, infatti era un potente rimedio contro
malaria e dissenteria. In seguito gli stessi militari scoprino che curava anche
un altro terribile male, la malinconia. L’esercito coloniale francese divenne
il paladino della nuova Francia che
sognava in grande. I reduci d’africa erano osannati e le loro abitudini furono
fatte proprie dalla borghesia, che rimase affascinata da quel liquido verde trangugiato
con avidità e trasporto. L’assenzio fu subito di casa nei numerosi cafè parigini,
frequentati da scrittori, pittori, giornalisti e via dicendo. Per decenni la
bevanda verde imperversò in tutta la Francia e poi nel mondo. La fata verde
lanciava scorribande per tutto il globo facendo ovunque danni. I poeti
maledetti ne abusavano di giorno e di notte, ne bevevano senza misura al cafè
Rat Mont a Pigalle, e molto probabilmente Rimbaud era strafatto il giorno che
accoltellò il suo amante Verlaine. Sicuramente la fata verde ispirò Musset
nella creazione della sua Bohème. In lei gli scapigliati prendevano ispirazione
e soprattutto il tepore per superare le fredde notti parigine. Toulouse-Lautrec
quando annegò, aveva un bastone con la fata incisa e un bicchierino
incastonato. Artur Conan Doyle offriva bicchieri d’assenzio al suo Shaerlock
Holmes per aiutarlo a risolvere i misteri più intricati (ma credo che si
sbomballasse per bene anche lui). E cosi via pittori, poeti ma anche e soprattutto
borghesia e classi più povere. Divenne una piaga, alla fata verde venne attribuito
di tutto, malattie nervose, aumento della criminalità, bassa natalità,
tubercolosi. Inevitabilmente venne messa al bando.... Che peccato!!! In questi
giorni di umore nero, di poca socievolezza, di voglia di non pensare e
dimenticare tutto una bella sbomballata di assenzio l’avrei proprio gradita. Avrei proprio gradito la compagnia di una
affascinante fata, simbolo di libertà, di creatività e di rottura degli schemi.
Avrei gradito una piacevole sborinia. Avrei gradito ..!!!
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