“ … ma che colore ha, una giornata
uggiosa …” La pioggia ci ricorda che ancora troppo presto per cantare
vittoria, l’inverno appena finito non è morto. E specialmente nei primi giorni
di primavera ancora batte qualche colpo. Oggi piove e c’è freddo. Sapendo
questa cosa, ieri ho messo dei ceci in ammollo, oggi dopo l’allenamento ho
comprato gli ingredienti che non avevo a disposizione. Ho preparato una zuppa. La regina sovrana per
queste giornate bastarde. Un toccasana confortevole per affrontare questo tempo
uggioso. Un classico. Zuppa di ceci e
cavolo nero. Iniziate tritando finemente, una costa di sedano, una carota e una
cipolla. Fateli rosolare per bene in una pentola con l’olio. Lavate il cavolo nero, eliminate la parte
centrale delle foglie. Tagliatele a pezzi (non troppo piccoli). Quando il soffritto
sarà ben rosolato, aggiungete le foglie e ripassatele dai 3 ai 5 minuti. Ok ci
siamo, quasi. A questo punto inserite anche i ceci (io li ho sbollentati per 10
minuti). A questo punto bisognerebbe coprire con del brodo vegetale (se lo
aveste avuto), io ho coperto con acqua e buttato dentro un dado. Ho aggiunto un cucchiaio abbondante di
concentrato di pomodoro e lasciato bollire per una trentina di minuti. Comunque
fate voi, in base a come vi piace la consistenza del cece. Regolate con il sale, un po’ di pepe o
buttateci dentro le spezie che preferite. Bello fumante, non vi resta che darci
sotto.
- Sassari, la Torres, svegliarsi all’IsolaRrossa, fare colazione al bar, il tramonto di Marinedda, la festa della birra trinitaiese, il "Che", il Genoa, la partitella di basket, l’alcool, gli amici, le tette enormi, la libertà, la birra, la fotografia, la musica, dipingere, correre, la gnocca, viaggiare, le sbornie, la pornografia, Diego Armando Maradona, i Led Zeppelin, lo stomaco attorcigliato e il cuore che batte per qualcuna (stronza), fottersene, George Best, vivere una crisi, i CCCP, mandare tutti a fare in culo, giocare a subbuteo, leggere, odiare, i p*mpini, il cibo, Dublino, il mare, le amiche del mare, lE d****e, il calcio, le donne, Fabrizio De Andrè, fare un giro con la vespa, l’amore, il venerdì sera, il cecio del giorno dopo, i libri, i Pink Floyd, gli assilli, le occhiaie sul viso, il comunismo, essere di sinistra, le scimmie, gli Afterhours, alcuni films, la lista delle persone che mi stanno sul cazzo, la pasta al forno di nonna, Janis Joplin, le scritte sui muri, il culo di una ragazza che ho visto l’altro giorno per strada, i campari soda, la musica sassarese, ascoltare un vinile, mincionare, la figa, una bella scopata, gli spaghetti n°5 Barilla aglio olio e peperoncino, le cazzate dette al bancone dei bar, il panino gorgonzola e mortadella a metà mattina, la colazione dei campioni, raccontare storie, i panini di Renato, la sculacciata a pecorina, il poker, festeggiare almeno un mondiale, impennare, andare in libreria, i tatuaggi, pisciare in mezzo alla natura, i vecchi oggetti, stare da solo, i polizieschi italiani anni '70, cucinare per gli amici, farsi un giro in bicicletta, la liquirizia, il signor G. Mina, giocare a carte, Andy Capp, i calamari fritti, la mattonella di melanzane della L, Capitan Harlock, Enrico Berlinguer, qualche serie tv, essere un Impiccababbu, l'nduja. il Duca Bianco, Charles Baudelaire, coltivare qualcosa, Snoopy, bestemmiare, i Joy Division, il gin tonic, Heminguay, il Picoolo Bar, i films con gli squali, Tina Modotti, i pistacchi, le botte al Fight Club, Charles Bukowski, la poesia, la pennicchella ………. To be continued
mercoledì 26 marzo 2025
Confort food
lunedì 24 marzo 2025
Lo Zen e l'arte di allenarsi
Apro gli occhi, è ancora buio. “Alexa che ore sono?” Le 4 e 38 risponde.
Butto giù qualche madonna, tutti i santi e visto che ci sono ci passa pure Gesù,
perché so già che ritornare tra le braccia di Morfeo sarà impossibile. Bestemmiando,
inizia la mia giornata. Bestemmiando, inizia una nuova settimana. E sempre
bestemmiando, inizia anche questo lunedì. Come la maggior parte delle persone non
provo odio nei confronti del lunedì, e non mi dispiace svegliarmi presto (anche
se così è troppo) anzi per certi versi potrei dire che quasi mi piace esibire
un bel paio di occhiaie. Con estrema calma: doccia, caffè, qualche
telegiornale, un po’ di musica (sempre) e tra qualche ora andrò nuovamente a
combattere le mie battaglie. Una liturgia laica che si ripete da 8 anni, 3
volte a settimana, la mattina, all’ora del “Disagio”. Combatto ma non si vede. Combatto
contro il dolore, la fatica, i miei pensieri e il caos che ho dentro. Non ho
avversari, affronto ogni volta quella cazzo di voce che sussurra; “non alzarti,
non andare, fermati, non ce la fai, arrenditi”. Sto grandissimo cazzo, sono
qui, stanco e assonato, ma fino a quando ne ho, continuo. Il sorriso è largo per
nascondere lo sguardo triste e convincermi che tutto vada bene. Chiedo scusa al
mio corpo. Oggi è dura, la spalla destra fa veramente male (altre bestemmie),
le ginocchia, tanto per cambiare, chiedono una tregua e lo psoas … che ve lo
dico a fare. Sono un unico, insopportabile, dolore. Sono rotto. Il fiato è
corto e ansimo, la testa gira, le gambe tremano e i muscoli bruciano, mancano
pochi secondi alla fine del round, non ci sono scorciatoie, non si molla.
Soffro. Non è solo fatica, è un bisogno viscerale, una necessità impellente,
non so spiegarlo bene [ …. un rapimento,
un estasi ….. Mi ami? - CCCP 1984]. Mi rifugio qui, non lo faccio per la gloria
(come dicevano i Led Zeppelin nel ’71 in “Stairway to heaven”), ne per avere gli addominali scolpiti e
un corpo perfetto, qui vengo alla ricerca del dolore, per superare i miei
demoni, mettere alla prova le mie debolezze, scoprire chi sono e trovare la
pace. Un passo alla volta, giorno dopo giorno. Una soddisfazione che non avrei
mai provato stando fermo. Non si sfugge dalle difficoltà e dalle sfide, bisogna
andargli incontro. Perché quando il sudore si asciuga e il respiro si calma, anche lo spirito rifiata. Le endorfine calmano animo e cuore. Raggiungo
il mio traguardo felice e ritiro finalmente il mio premio ….. “Una maglietta
sudata”.
lunedì 17 marzo 2025
Stravagante
Sthravaganti cummenti lu poipu: locuzione sassarese
domenica 2 marzo 2025
Vivere insieme, morire da soli
venerdì 21 febbraio 2025
Relax (don't do it)
Canzone del gruppo inglese “Frankie goes to Hollywood” pubblicata come singolo d’esordio nel 1983.
Due settimane o giù di li. Non di più. Da qualche anno ho smesso di passare gran parte dell’estate nel mio “buen ritiro” all’Isola Rossa. Va così, il posto è cambiato e sono cambiato io. Non sopporto più la sabbia, il sole, la salsadine ma sopra ogni cosa la gente. I turisti cafoni, maleducati e incivili. Le grida, gli schiamazzi, i bambini, gli scivoli d’acqua, il morboso cementificare, i baretti sulla spiaggia diventati ristoranti, gli spaghetti con le vongole a 20£ (prezzo minimo), ecc… ecc… Ormai l’Isola Rossa è diventata una relazione tossica. Una di quelle cose che sai che ti fa star male ma continui imperterrito a prendere, perchè non ne puoi più fare a meno. Ma porca troia amo quel posto. Sono legatissimo e vorrei, una volta morto, che le mie ceneri vengano sparse proprio li. Amo i tramonti a Marinedda quando la spiaggia si svuota. Adoro andare in paese per far colazione e poi passare in pescheria. Mi piace bere un gin tonic dopo cena al “bar del porto”. Adoro le amicizie e le birrette bevute insieme. Amo non accendere mai la tv e il silenzio la sera (sempre meno). Mi piace fare “schifo” (ahahahah Valaaaaa) e leggere un libro in santa pace. Come sempre, come quest’estate. Dai parliamone. Ho letto il romanzo d’esordio, del 2019, di Alan Parks, autore scozzese, che ha dedicato a Glasgow e all’ispettore Mc Coy una serie di romanzi noir per ogni mese dell’anno (siamo arrivati a giugno). “Gennaio di Sangue” è il primo. Un classico poliziesco che si legge molto volentieri, specialmente nelle piacevoli serate estive, quando il caldo molla la sua presa e un rivolo di brezza fresca regala attimi di sollievo. Non come a Glasgow dove a gennaio c’è un freddo da cagarsi. Bisogna bere (tanto) e drogarsi quanto basta. Lo fanno quasi tutti i personaggi di questo thriller ambientato, appunto, in una città grigia, nebbiosa e fredda. Protagonista silenziosa delle malefatte umane, in cui sangue e depravazioni fanno da sfondo all’indagine investigativa di Harry Mc Coy e del novellino Wattie. La vicenda, che si svolge nell’arco di un mese (gennaio 1973), ha tutti gli ingredienti classici di un buon poliziesco; violenza, percosse, corruzione, taccuini per appunti, disobbedienze agli ordini, congiure, potere e abuso di potere, edifici fatiscenti, decadenza, miseria, ecc… ecc… Vorrei dirvi di più ma toglierei tutto il gusto tipico di questo genere di lettura (non si spoilera), comunque l’assassino è il maggiordomo col candelabro nello studio (ahahahahah). Mi è piaciuto? Beh, direi proprio di si. Questo primo lavoro di Parks mi ha convinto. E’ stato un bel viaggio e un ottimo compagno nelle sere estive a Paduledda. Sono pronto per “Il figlio di Febbraio”, “L’ultima canzone di Bobby March”, “I morti di Aprile” e cosi via. Glasgow arrivo!!!
venerdì 14 febbraio 2025
Palestina
Uno dei primi post scritti quando ho deciso di riprendere con questo
blog, raccontava di un mio progetto artistico e della creazione di diverse tele
a tema, dal titolo “Eyes”. Di queste 12 tele ho parlato molto in generale,
soffermandomi poco su l’aspetto singolo di ogni lavoro. Tuttavia ne esiste una,
per cui vale la pena, affrontare un discorso più specifico. Sto parlando dell’ultima
realizzata, la dodicesima. Titolo: “Palestina” (canzone dei CCCP del 1982). I
colori usati sono il rosso, il verde, il bianco e il nero, e ovviamente si
tratta di un occhio stilizzato, così come tutti gli altri, ma guardandolo
ricorda la sezione di un’anguria. Perché? Quale mistero si cela dietro i colori
della bandiera Palestinese e l’anguria. Le cause sono grafiche, storiche e
ovviamente politiche. Tutto ebbe inizio dopo la guerra del 1967 (quella dei 6
giorni). Durante quei giorni i nazisti israeliani, oltre che occupare
illegalmente molti territori (Gerusalemme est, la cis-Giordania e la striscia
di Gaza) proebirono l’esposizione della bandiera dello stato palestinese.
Qualsiasi fosse il contesto o la situazione era vietato esporre quella
bandiera. L’utilizzo dell’anguria in sua sostituzione è un atto che esiste da
decenni come forma di resistenza e rappresentazione. L’anguria è diventata un
simbolo di speranza, di sostegno, di protesta e resistenza. Oggi l’anguria è
diventato un simbolo per tutti coloro che vogliono diffondere consapevolezza e
verità. Una semplice fetta d’anguria può aiutare a mantenere vivo un movimento,
un popolo e una resistenza. E anche se i palestinesti non hanno uno stato
riconosciuto (qui potrei aprire mille discorsi, ma scadrei nell’antisemitismo),
sono una nazione con la loro bandiera che afferma la loro esistenza. SEMPRE
PALESTINA LIBERA.
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"Palestina" tempera acrilica su tela 50x50 cm |
mercoledì 5 febbraio 2025
Fastidio (impaginato bene)
Fastidio: s.m. fa/sti/dio (dal latino fastidium)