• Sassari, la Torres, svegliarsi all’IsolaRrossa, fare colazione al bar, il tramonto di Marinedda, la festa della birra trinitaiese, il "Che", il Genoa, la partitella di basket, l’alcool, gli amici, le tette enormi, la libertà, la birra, la fotografia, la musica, dipingere, correre, la gnocca, viaggiare, le sbornie, la pornografia, Diego Armando Maradona, i Led Zeppelin, lo stomaco attorcigliato e il cuore che batte per qualcuna (stronza), fottersene, George Best, vivere una crisi, i CCCP, mandare tutti a fare in culo, giocare a subbuteo, leggere, odiare, i p*mpini, il cibo, Dublino, il mare, le amiche del mare, lE d****e, il calcio, le donne, Fabrizio De Andrè, fare un giro con la vespa, l’amore, il venerdì sera, il cecio del giorno dopo, i libri, i Pink Floyd, gli assilli, le occhiaie sul viso, il comunismo, essere di sinistra, le scimmie, gli Afterhours, alcuni films, la lista delle persone che mi stanno sul cazzo, la pasta al forno di nonna, Janis Joplin, le scritte sui muri, il culo di una ragazza che ho visto l’altro giorno per strada, i campari soda, la musica sassarese, ascoltare un vinile, mincionare, la figa, una bella scopata, gli spaghetti n°5 Barilla aglio olio e peperoncino, le cazzate dette al bancone dei bar, il panino gorgonzola e mortadella a metà mattina, la colazione dei campioni, raccontare storie, i panini di Renato, la sculacciata a pecorina, il poker, festeggiare almeno un mondiale, impennare, andare in libreria, i tatuaggi, pisciare in mezzo alla natura, i vecchi oggetti, stare da solo, i polizieschi italiani anni '70, cucinare per gli amici, farsi un giro in bicicletta, la liquirizia, il signor G. Mina, giocare a carte, Andy Capp, i calamari fritti, la mattonella di melanzane della L, Capitan Harlock, Enrico Berlinguer, qualche serie tv, essere un Impiccababbu, l'nduja. il Duca Bianco, Charles Baudelaire, coltivare qualcosa, Snoopy, bestemmiare, i Joy Division, il gin tonic, Heminguay, il Picoolo Bar, i films con gli squali, Tina Modotti, i pistacchi, le botte al Fight Club, Charles Bukowski, la poesia, la pennicchella ………. To be continued

martedì 14 gennaio 2025

Qualcuno è Impiccababbu perchè .....

Qualcuno è Impiccababbu perché il 12 giugno 2012 era imbriaggu al Piccolo bar.
Qualcuno è Impiccababbu perché quel 12 giugno ha risposto al telefono.
Qualcuno è Impiccababbu perché l’ha portato un amico.
Qualcuno è Impiccababbu perché no? Ci sto!!!
Qualcuno è Impiccababbu perché sa giocare a basket.
Qualcuno è Impiccababbu perché non sa giocare a basket.
Qualcuno è Impiccababbu perché prima partita e poi birretta, o viceversa.
Qualcuno è Impiccababbu perché ama il basket.
Qualcuno è Impiccababbu perché sa che il basket è un altro sport.
Qualcuno è Impiccababbu perché è una brava persona.
Qualcuno è Impiccababbu perché non è una brava persona.
Qualcuno è Impiccababbu perché in campo è sempre nervoso.
Qualcuno è Impiccababbu perché è antipatico.
Qualcuno è Impiccababbu perché gli piace essere un “Under Dog”.
Qualcuno è Impiccababbu perché gode nell’essere sempre in emergenza.
Qualcuno è Impiccababbu perché ci si deve sempre arrangiare.
Qualcuno è Impiccababbu perché vuole andare a giocare a Ozieri solo per mangiare la pizza ai frutti di mare da Suppio.
Qualcuno è Impiccababbu perché i terzi tempi degli avversari? anche no.
Qualcuno è Impiccababbu perché gli piace “scuzzulare” gli algheresi.
Qualcuno è Impiccababbu perché Gabetti merda.
Qualcuno è Impiccababbu perché allenamento? Oooohhhh!!!
Qualcuno è Impiccababbu perché pomeriggissimo? Ssssiii!!!
Qualcuno è Impiccababbu perché gli piace “Ul Temutissimo”.
Qualcuno è Impiccababbu perché  la Uisp non gli è mai piaciuta.
Qualcuno è Impiccababbu perché Jordan merda alè, Jordan merda alè, Jordan merda alè.
Qualcuno è Impiccababbu perché “The Last Dance”.
Qualcuno è Impiccababbu perché la divisa verde sul campo da gioco è troppo bella.

Qualcuno è Impiccababbu perchè simpatici gli Olblex, ma vuoi mettere.
Qualcuno è Impiccababbu perchè è sopravvissuto allo sformato di zucca.
Qualcuno è Impiccababbu perchè "tanquillo Peppì è solo insaccata".

To be continued…

domenica 12 gennaio 2025

Un anno sull'altipiano

Continuiamo con il rimetterci al pari con i post arretrati. Due anni e mezzo di libri letti ma di cui non ho mai scritto, più probabilmente però, ve ne ho parlato mezzo brillo al bancone di qualche bar (di questo sicuramente). Oggi tocca a Emilio Lussu e al suo “Un anno sull’altipiano”. Un libro scritto a più di vent’anni dall’accadimento dei fatti a causa di una forzata immobilità dell’autore, generata dalla convalescenza per un’operazione. Pubblicato per la prima volta nel 1938 in Francia (perché quelle merde di fascisti davano la caccia agli oppositori come Lussu) narra di fatti realmente accaduti tra il giugno del 1916 e il luglio del 1917, nel pieno della “Grande Guerra”. Il libro scritto in prima persona a metà tra romanzo e diario, racconta un anno di vita (dei quattro passati al fronte) dell’autore. Un’autentica testimonianza italiana della guerra raccontata cruda e cinica. Nel leggerlo ho provato (o per lo meno credo di averlo fatto, ma non sono mai stato in guerra per dirlo) le stesse sensazioni che un soldato può provare durante la guerra. La perdita di un compagno, la sofferenza, la morte, la semplice speranza di sopravvivere e arrivare alla fine di una giornata passata in trincea o ad assaltare quelle nemiche. Ho provato tutto ciò, appassionandomi realmente al racconto e alla soppravvivenza dei soldati, che imbottiti di liquori superavano la paura, il freddo e i timori buttandosi in battaglia. Secco e asciutto è un racconto appassionato di chi (come Lussu) è stato trascinato a combattere una guerra non sua ma decisa, come sempre, da altri. Studenti, professori, contadini, operai ecc… ecc... che la guerra non la sapevano fare. Uomini mandati al masssacro da superiori non sempre equilibrati, da scelte discutibili e desioni pessime. Una drammatica esperienza avvenuta sull’altopiano d’Asiago ma credo riconducibile a qualsiasi scenario di guerra. Una spietata requisitoria sull’orrore e la realtà della guerra. Leggetelo.


venerdì 27 dicembre 2024

e anche questo natale ... se lo semo levato dalle palle

“… e anche questo natale , se lo semo levato dalle palle …. Cosi l’avvocato Gianni Covelli (al secolo Riccardo Garrone) liquidava parenti e amici nel primo mitico film “Vacanze di Natale” del 1983. Oggi è venerdì 27 gennaio e questa mattina in perfetto orario, come sempre, sono andato in palestra, per espiare le mie colpe. Sudare e sofferenza. Un’ora di meritata punizione, non avendo un cilicio a disposizione. Perché, nonostante dica da anni che il natale è una merdosissima festa, ne sono complice. Sono colluso con tutto ciò, ogni anno puntualmente, la mia voglia di diventare come il Grinch, viene sopraffatta da questa giostra infernale. Proprio così, avete capito bene, non si parla di nascita di un cazzo di bambinello, di un ciccione alcolizzato vestito di rosso (perché l’ha deciso la coca-cola), di buoni propositi, auguri e felicità, ma bensì di stringere annualmente un patto col Diavolo. Un patto regolato da consumismo, spreco e falsità. Allora niente auguri, ma solo dei …. Vaffanculo al natale. Vaffanculo a quel mitomane che si professa il figlio di Dio. Vaffanculo al nostro ”salvatore” che dovrebbe far finire le guerre, sdradicare la povertà, cessare le persecuzioni ecc… ecc… pezzo di merda sei 2000 anni in ritardo. Vaffanculo a chi crede nelle religioni. Vaffanculo ai vostri buoni propositi, tanto non mi riguardano. Vaffanculo ai presepi; che rappresentano la nascita del mitomane su prati verdi, con pecorelle e ruscelli, quando sappiamo bene che in Palestina lo scenario e ben diverso. Vaffanculo a quella merda di babbo natale (che oltretutto non esiste). Vaffanculo a chi professa pace e poi vota per l’impiego di armi. Vaffanculo ai panettoni da 50 euro e alle tavole imbandite. Vaffanculo agli sprechi alimentari quando nella maggior parte del mondo si muore ancora di fame. Vaffanculo ai regali di merda. Vaffanculo ai “ti ho preso un pensierino” quando durante l’anno non mi saluti neanche. Vaffanculo agli aperetivi lunghi e inutili. Vaffanculo a chi torna per le feste. Vaffanculo alle lucette, al sentirsi tutti più buoni e all’aiutare il prossimo solo a parole. Vaffanculo a chi si aumenta gli stipendi e regala lettere di licenziamento agli operai. Vaffanculo a israele, all’ucraina, alla russia e agli stati uniti. Vaffanculo a chi spende per centri di accoglienza in albania e affonda il sistema sanitario. Vaffanculo a questo governo, a quelli passati e per par condicio anche a quelli futuri. Vaffanculo a quel qualcosa di “speciale” che c’è nell’aria, che in molti venerano in questi giorni. Vaffanculo a tutto. Vaffanculo a tutti. Mmmhhh forse sto degenerando …. e allora sai che vi dico? Vaffanculo pure a me.


venerdì 20 dicembre 2024

Riposa dolcemente, sorella.

di Pablo Neruda (1946)

Tina Modotti, sorella, tu non dormi, no, non dormi:
forse, il tuo cuore sente crescere la rosa
di ieri, l'ultima rosa di ieri, la nuova rosa.
Riposa dolcemente, sorella.

La nuova rosa è tua, la nuova terra è tua:
ti sei messa una nuova vesta di serpente profonda
e il tuo soave silenzio si colma di radici..
Non dormirai invano, sorella.

Puro è il tuo dolce nome, pura la tua fragile vita:
di ape, ombra, fuoco, neve, silenzio, spuma,
d'acciaio, linea, polline, si è fatta la tua ferrea,
la tua delicata struttura.

Lo sciacallo sul gioiello del tuo corpo addormentata
ancora prende la penna e l'anima insanguinata
come se tu potessi, sorella, risollevarti
e sorridere sopra il fango.

Nella mia patria ti porto perchè non ti tocchino,
nella mia patria di neve perchè alla tua purezza
non arrivi l'assassinio, ne lo sciacallo, ne il venduto,
laggiù starai tranquilla.

Non odi un passo, un passo pieno di passi, qualcosa
di grande delle steppa, di Don, delle terre del freddo?
Non odi un passo freddo di soldato nella neve?
Sorella, sono i tuoi passi.

Verranno un giorno sulla tua piccola tomba
prima che le rose di ieri si disperdano,
verranno a vedere quelli d'una volta, domani.
là dove sta bruciando il tuo silenzio.

Un mondo marcia verso il luogo dove tu andavi, sorella.
Avanzano ogni giorno i canti della tua bocca
nella bocca del popolo glorioso che tu amavi.
Valoroso era il tuo cuore.

Nelle vecchie cucine della tua Patria, nelle strade
polverose, qualcosa si mormora e passa.
qualcosa torna alla fiamma del tuo amato popolo,
qualcosa si desta e canta.

martedì 17 dicembre 2024

Tinissima

Tina: emigrante, operaia, attrice, fotografa, antifascista, militante, comunista, perseguitata, esule. Questi sono solo una parte degli aggettivi che userei per descrivere Tina Modotti. Ce ne sarebbero molti altri come: artista, coraggiosa, impegnata, avanguardista ecc… ec.. Come sono arrivato a lei? Come sono arrivato alla sua arte? Come sono arrivato a inserirla nella lista delle cose “per cui vale la pena vivere”? Leggendo ovviamente. Andiamo per gradi. Il primo incontro con Tina, lo ebbi quando ero molto giovane. Vidi una sua mostra fotografica, proprio qui a Sassari, ne rimasi colpito. Quelle sue foto in bianco e nero scattate in Messico, avevano qualcosa di strano, per alcuni versi ne ero colpito e mi intrigavano, ma allo stesso tempo pensavo, potrei farle anche io. Un giudizio molto superficiale. Comunque uno “strano” che mi attraeva. Solo in tempi più maturi, appassionandomi alla fotografia, ho capito che le avrei dovute valutare in maniera diversa. Esaminando meglio l’poca storica, il mezzo fotografico e l’ambiente in cui venivano realizzate. Insomma un approfondimento più specifico e preciso di quei primi piani e quelle prospettive al limite. Anni dopo parlando con un’amica (R.C.), molto più capace di me con la macchina fotografica, abbiamo iniziato a parlare di “Tinissima”. Mi ha consigliato il libro di Pino Cacucci, per poter capire meglio la straordinaria vita di questa donna; piena di forza e indipendenza ma anche fragile, fuggevole e sognatrice. Ok lo leggerò!!! Detto, fatto. E cosi ecco che la strada di Tina si incrocia nuovamente con la mia. Ho letteralmente amato quelle pagine. Ho scoperto cose nuove e affascinanti, cose che ignoravo di una vita così piena, avvincente e complicata. Una biografia eccezionale. Fin dalla nascita avvenuta a Udine nel 1896, in una famiglia modesta e numerosa. Le difficoltà da emigrante negli Stati Uniti, fino al successo come attrice nei primissimi film muti di Hollywood, grazie al suo straordinario fascino e una bellezza fuori di canoni dell’epoca. I suoi amori e l’incontro fondamentale con Edward Weston. Il trasferimento in Messico, l’adesione al partito Comunista Messicano. La dedizione alla fotografia e all’avanguardia artistica. La ingiusta persecuzione Fascista. L’attivismo rivoluzionario. Continuando con la sua vita da esule tra Mosca, Parigi e Berlino. Le amicizie con Neruda, Riviera, Frida Kalo, Robert Capra, Hemminguay e Majakovskij. Fino alla partecipazione alla guerra rivoluzionaria spagnola. Per concludere con la sua “strana” morte, nel 1946, avvenuta su un taxi a città del Messico. Wow che donna!!! Sempre diversa, ma sempre lei. L’emigrante, l’operaia, l’attrice, la fotografa, l’antifascista, la militante, la comunista, la  perseguitata, l’esule. Tinissima …..

martedì 10 dicembre 2024

Lazy saturday morning

“Non importa cosa trovi alla fine di una corsa, l’importante è quello che provi mentre stai correndo. Il miracolo non è essere giunto al traguardo, ma aver avuto il coraggio di partire”.
Jesse Owen

Sabato mattina. Apro gli occhi e chiedo ad Alexa che ore sono? “8 e 17“ risponde lei. Mi alzo dal letto. Vado in cucina mezzo addormentato e avvio la macchinetta del caffè; lo prenderò al ritorno. Vado al cesso. Mi guardo allo specchio. Non male. Piscio. Misuro la glicemia (112, perfetta). Ripasso per la cucina. Prendo il caffè. Mi avvio nuovamente in camera. Poggio il bicchiere sul comodino. Sollevo la serranda. Mi rimetto sotto le coperte, e chiedo ad Alexa di avviare Spotify. “Metti i CCCP”. “Aaaaahhhhhh fantastico”. Ora non mi resta che oziare. Non farò niente fino a sentirmi felice. Mentre Giovanni Lindo Ferretti intona “Per me lo so” e il sole entra caldo dalla porta finestra, avverto una strana sensazione. Sto bene, anzi “io sto bene” (cit.). Non ho dolori. Solitamente mi sveglio sempre con qualche acciacco, un ginocchio scricchiolante, una spalla intorpidita, le anche che meglio se lasciamo perdere e così via. Oggi no. Non so il perché. I miei piani per un ozio solenne vanno a farsi fottere in pochi minuti. Finisco il caffè, metto i calzini, le scarpe, un paio di pantaloncini, una maglietta, una felpa e sono in strada. Un tempo avrei preso anche il cronometro e il GPS, ma quei tempi sono finiti. Inizio a correre. C’è un bel sole, non caldissimo ma potrebbe essere un buon compagno di sgambata. Ippodromo. Il sentiero sterrato che passa intorno alla pista è ancora bagnato dall’umidità della notte. L’aria fresca di questa mattinata domina incontrastata insieme al silenzio. Non si sente il traffico, non si sentono persone parlare, solo qualche cane in lontananza e le cornacchie che presiedono il territorio. Ho sempre amato questa sensazione, correre in questo modo. Solo, senza avere idea di quanti chilometri percorrerò, nè quanto ci metterò a farlo. Non importa quanto vada veloce o piano, conta solo questa fuga nel vuoto. Una sospensione spazio-temporale dove contano i miei pensieri e l’acido lattico delle mie gambe. Un magnifico momento Zen, una personalissima opera d’arte, l’appagamento di una necessità. Soprattutto nei giorni difficili. I pensieri si avvicendano nella mia mente, da insistenti diventano sempre più leggeri, fino a scomparire del tutto. In questo momento il sangue serve ai muscoli non al cervello. E’ un attimo unico quello di non pensare più. Non architettare più niente. Libero. Arrivare a quella sensazione d’indipendenza da tutto e tutti è sorprendente ogni volta. Una lunga distanza, la sofferenza del corpo, il respiro affannato e la maglia sudata (sempre) sono la conclusione di una felice mattinata passata a oziare..